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storia_del_pensiero_buddhista_2022_23

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storia_del_pensiero_buddhista_2022_23 [2023/02/25 15:04] – [Le quattro nobili verità: una diagnosi della condizione universale] kekkokekstoria_del_pensiero_buddhista_2022_23 [2023/03/02 16:00] (versione attuale) – [Buddhismo in Cina] kekkokek
Linea 307: Linea 307:
 ===== L’insegnamento del Buddha nel contesto dell’India antica =====  ===== L’insegnamento del Buddha nel contesto dell’India antica ===== 
  
-==== +==== Karma e Rinascita ==== 
 + 
 +=== Cosmologia === 
 + 
 +Il pensiero buddista divide l'universo in due categorie: l'universo fisico, che è pensato come un recipiente o "contenitore" (bhājana) e gli "esseri" (sattva) o forme di vita che vi risiedono. L'universo fisico è formato dall'interazione dei cinque elementi: terra, acqua, fuoco, aria e spazio (ākāśa); Quest'utimo è consderato infinito. Attraverso l'interazione dei cinque elementi si sviluppano dei "sistemi-mondo" che si trovano in tutte le direzioni: nord, sud, est, ovest, sopra e sotto. Si ritiene che questi sistemi-mondo subiscano cicli di evoluzione e declino che durano miliardi di anni. Nascono, resistono per un certo periodo e poi si disintegrano lentamente prima di essere distrutti in un grande cataclisma. A tempo debito si evolvono di nuovo per completare un vasto ciclo noto come "grande eone". Lo status morale degli abitanti può determinare il destino del sistema-mondo (ganzo potrebbe avere implicazioni ecologiste molto interessanti. La Terra è ben lontana dall'essere il fulcro 
 +attorno al quale ruota il cosmo e gli esseri umani non sono gli unici attori del palcoscenico. Il tempo, inoltre, è concepito come ciclico piuttosto che lineare: la storia non ha una direzione o uno scopo generale.((pp. 44-46)) 
 +All'interno di un sistema-mondo esistono diversi "regni" di rinascita, essi sono 6 e sono spesso raffigurati nella "ruota della vita" (bhavacakra). Abbiamo poi ventisei diversi livelli o "dimore" celesti, poi degli inferni (che non sono luoghi di dannazione eterna, ma luoghi in cui il karma malvagio deve fare effetto, così i regni celesti, c'è transitorietà tra i vari regni). Sopra gli inferni abbiamo il regno animale (guidati dall'istinto e quindi deh sbussi di rinascerci perchè non avrai possibilità di comprendere la tua condizione). Sopra abbiamo il regno dei fantasmi, che si trovano al margine della soicetà umana, possiamo vederli come ombre, essi sono consumati da desideri che non possono mai essere soddisfatti e sono raffigurati nell'arte popolare come creature con grandi stomaci e bocche minuscole che simboleggiano la loro fame insaziabile ma sempre insoddisfatta. Il quarto livello è quello dei Titani, una razza di esseri demoniaci bellicosi in balia di impulsi violenti. Motivati dalla bramosia di potere, cercano costantemente conquiste in cui non trovano appagamento. Al quinto livello si trova il mondo umano. La rinascita come essere umano è considerata altamente desiderabile e allo stesso tempo difficile da ottenere. Sebbene esistano molti livelli superiori in cui è possibile rinascere, essi sono potenzialmente un 
 +un ostacolo al progresso spirituale. Rinascendo come dio in un 
 +paradiso idilliaco si può facilmente diventare compiaciuti e perdere di vista la necessità di lottare per il nirvana. Gli esseri umani hanno la ragione e il libero arbitrio e possono usarli per capire i problemi della vita.((pp. 47-48)) 
 +I ventisei piani superiori del nostro edificio (livelli 6-31) sono le dimore degli dei. I cinque cieli superiori (livelli 23-27) sono noti come "Dimore Pure" e possono essere raggiunte solo da coloro che sono conosciuti come "nnon ritornanti". Si tratta di esseri sul punto di ottenere l'illuminazione che non rinasceranno come esseri umani. Le divinità al di sotto di questi livelli (deva) sono semplicemente esseri che, grazie al compimento di buone azioni, godono di stati di esistenza armoniosi e beati. Tuttavia, sono soggetti al karma e rinascono come tutti gli altri. I livelli superiori dei cieli sono sempre più sublimi e la durata della vita aumenta a ogni stadio, ma il tempo viene percepito in maniera completamente diversa.((p. 50)) 
 + 
 +=== Le tre sfere di esistenza === 
 + 
 +Questa cosmologia è accompagnata da un'altra distinzione, ovvero la divisione dell'universo in tre sfere di esistenza: 
 +  *la "sfera dei desideri dei sensi" (kāmāvacara) che comprende tutti i livelli fino al sesto cielo sopra il mondo umano. 
 +  *la "sfera della forma pura" (rūpāvacara), uno stato spirituale rarefatto in cui le divinità percepiscono e comunicano con una sorta di telepatia. Questo si estende fino al livello ventisette. 
 +  *la "sfera dell'informe" (arūpāvacara), uno stato quasi indescrivibilmente sublime, al di là di ogni forma, in cui gli esseri esistono come pura energia mentale. Gli dèi, nei quattro livelli della sfera dell'informe, colgono i fenomeni in quattro modi sempre più sottili:  
 +    *nel livello più basso (livello 28) come spazio infinito 
 +    *nel secondo (livello 29) come coscienza infinita  
 +    *nel terzo (livello 30) come "nulla" 
 +    *infine si raggiunge lo stato mentale noto come "né percezione né non-percezione" (livello 31).((pp. 50-51)) 
 + 
 +=== La Ruota dell'esistenza: bhavacakra === 
 + 
 + 
 +{{ ruota_dell_esistenza.jpg }} 
 + 
 +Al centro della ruota si trova la rappresentazione dei Tre veleni: 
 +  *la cupidigia (un gallo) 
 +  *l'odio (un serpente) 
 +  *l'ignoranza (un cinghiale)  
 + 
 +Attorno alla rappresentazione dei tre veleni si trova un anello diviso in una metà nera e una metà bianca. Al suo interno in senso orario si trovano varie rappresentazioni del corpo umano, dal feto alla piena maturità alla vecchiaia, o demoni, o la figura del monaco (poichè porta alla salvezza). 
 +La Ruota dell'esistenza è quindi divisa in sei spicchi, in cui in senso orario si susseguono le rappresentazioni di sei diversi "mondi". Questi possono essere presi sia in senso letterale che in senso figurato a rappresentare stati mentali diversi.  
 +L'anello esterno della Ruota dell'esistenza presenta dodici immagini simboliche che rappresentano i dodici anelli della ruota della coproduzione condizionata. Queste, dall'alto in senso orario, sono:  
 +  *ignoranza: una vecchia cieca con bastone che esce di casa e si dirige verso un burrone.Questa condizione è la nostra alla nascita 
 +  *coefficienti karmici: un vasaio all'opera 
 +  *coscienza: una scimmia che salta da una casa all'altra. Essa può salvarci solo se guidata, ma invece siamo distratti 
 +  *nome e forma: rappresentati come due uomini su una barca in balia delle onde. Ovvero la combinazione degli elementi materiali e mentali che formano una persona, la nostra condizione psicofisica 
 +  *ei basi dei sensi: una casa con sei finestre, che mettono in contatto col mondo esterno 
 +  *contatto: una coppia che copula, ovvero il contatto con il mondo prova delle occasioni 
 +  *sensazione: un uomo che corre con una freccia infilata in un occhio. Ogni contatto, ogni occasione porta con sè una sensazione 
 +  *brama: un uomo a tavola che alza un bicchiere di alcolico. Si attiva il desiderio, quindi il volere una sensazione, oppure il rifiutarla, oppure il fregarsene.  
 +  *attaccamento: una scimmia che coglie frutta da un albero. È il desiderare di più a randa 
 +  *essere, divenire: una donna stesa che invita all'accoppiamento. La conseguenza karmica muove il tutto 
 +  *nascita: una partoriente. La determinazione karmica 
 +  *vecchiaia e morte: un uomo porta sulle spalle un cadavere avvolto in un lenzuolo in un cimitero all'aperto tra cadaveri e animali. Fine di una vita, ma non della ruota 
 + 
 +L'intera ruota viene rappresentata saldamente stretta dagli artigli di Yama, il Signore della Morte e del Tempo. 
 +Al di sopra, in genere nell'angolo destro, viene raffigurato il Buddha Śākyamuni che indica verso un punto esterno, un altrove assoluto, la fuoriuscita dalla ruota.  
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 +=== Karma === 
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 +Il karma funziona come l'ascensore che porta le persone da un piano all'altro dell'edificio che abbiamo appena visto. Le buone azioni si traducono in un movimento verso l'alto e le cattive azioni in un movimento verso il basso. Le azioni karmiche sono 
 +azioni morali e il Buddha definì il karma in riferimento alle scelte morali e alle azioni che ne conseguono, avendo scelto si agisce in quanto hanno effetti sia transitivi (impatto diretto) che intransitivi (impatto indiretto, influenzare). Scegliendo, costruisce un carattere che a sua volta delinea un futuro. Il buddismo spiega questo processo in termini di saṅkhāras (sanscrito: samskāras), un termine difficile che di solito viene tradotto come "formazioni mentali".I saṅkhāra sono i tratti e le disposizioni del carattere che si formano quando le scelte morali (cetanā) vengono fatte e rese effettive nell'azione. Gli effetti a distanza delle scelte karmiche sono definiti come "maturazione" (vipāka) o "frutto" (phala) dell'atto karmico.((pp. 52-53))  
 +Che cosa rende un'azione buona o cattiva? Dalla definizione del Buddha si può vedere che è in gran parte una questione di intenzione e di scelta. Esistono tre radici buone e tre cattive. 
 +Le azioni motivate da avidità, odio e illusione sono cattive (sanscrito: akuśala), mentre le azioni motivate dai loro opposti - non-attaccamento, benevolenza e comprensione, sono buone (sanscrito: kuśala). Le buone intenzioni devono realizzarsi in azioni giuste che sono quelle che non danneggiano nè se stessi nè gli altri.((pp. 54-55)) 
 +Il karma può essere buono o cattivo. I buddisti parlano di karma buono come "merito" (sanscrito: punya). In molte culture buddiste esiste la credenza nel "trasferimento dei meriti", l'idea che il buon karma possa essere condiviso con gli altri.((p. 55))  
  
 ==== Le quattro nobili verità: una diagnosi della condizione universale ==== ==== Le quattro nobili verità: una diagnosi della condizione universale ====
  
-La formulazione classica delle "quattro nobili verità", è esposta nel "Discorso della messa in moto della ruota della Dottrina" (Dharmacakrapravartana Sūtra, sans., Dhammacakkappavattana Sutta, pāli). Esse sono strutturate secondo un'indagine medica:+Obiettivo è quindi porre fine alle rinascite e alla sofferenza, ciò consiste nella realizzazione del potenziale umano di bontà e felicità. Chi raggiunge questo stato completo di auto realizzazione si dice che abbia raggiunto il nirvana. Esso è sia un concetto che un'esperienza, ovvero delinea una vita ideale e una pratica per raggiungerla. Come si arriva al nirvana? 
 +Uno potrebbe dire compiere buoni azioni e vivere una vita eticamente virtuosa, però alcuni non sono d'accordo perchè anche le buone azioni creano debito karmico. Ma i testi e il Buddha stesso parlano a rota di vita morale; Come risolvere questo cortocircuito? Per alcuni la vita etica è importante, ma da sola non basta. L'altra componente che è necessaria è la saggezza (sanscrito: prajñā), che significa una profonda comprensione filosofica della condizione umana.((p. 60)) 
 +Ammesso che la saggezza sia la controparte essenziale della virtù, che cosa è cosa si deve conoscere per diventare illuminati? La risposta è semplice quella che ha esperito il Buddha storico e che ha divulgato nel suo primo sermone: le "quattro nobili verità", esposte nel "Discorso della messa in moto della ruota della Dottrina" (Dharmacakrapravartana Sūtra, sans.). Esse sono strutturate secondo un'indagine medica:
   *la prima verità è la diagnosi   *la prima verità è la diagnosi
   *la seconda verità è l'analisi eziologica   *la seconda verità è l'analisi eziologica
Linea 317: Linea 378:
   *la quarta verità è l'attuazione della cura    *la quarta verità è l'attuazione della cura 
  
-Esse costituiscono il Dharma ermine sanscrito che presso le religioni dell'Asia meridionale riveste numerosi significati. Può essere tradotto come "dovere", "legge", "legge cosmica", "legge naturale", oppure "il modo in cui le cose sono". Per l'induismo è la norma che regge il mondo: rispettare il Dharma diviene il rispetto di una serie di norme che sono alla base dell'universo naturale e di quello sociale il cui ordine va sempre garantito, per esempio il non essere violento e la coerenza di postura in pensiero e azione. Nel buddhismo, possiede l'ulteriore significato di Legge universale naturale, ovvero le regole in cui il saṃsāra segue il suo corso, indica gli insegnamenti del Buddha, a partire dall'origine del duḥkha (la sofferenza), la pratica di tali insegnamenti, la via verso l'Illuminazione e di conseguenza il Buddhismo stesso. +Esse costituiscono il Dharma etrmine sanscrito che presso le religioni dell'Asia meridionale riveste numerosi significati. Può essere tradotto come "dovere", "legge", "legge cosmica", "legge naturale", oppure "il modo in cui le cose sono". Per l'induismo è la norma che regge il mondo: rispettare il Dharma diviene il rispetto di una serie di norme che sono alla base dell'universo naturale e di quello sociale il cui ordine va sempre garantito, per esempio il non essere violento e la coerenza di postura in pensiero e azione. Nel buddhismo, possiede l'ulteriore significato di Legge universale naturale, ovvero le regole in cui il saṃsāra segue il suo corso, indica gli insegnamenti del Buddha, a partire dall'origine del duḥkha (la sofferenza), la pratica di tali insegnamenti, la via verso l'Illuminazione e di conseguenza il Buddhismo stesso.
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-Qual è il problema centrale di pensiero nel subcontinente indiano? era che agire ci carica di debito karmico+
  
-Il karman è un "principio universale" secondo il quale un'"azione virtuosa volontaria" genera una o più rinascite positive, mentre un'azione "non virtuosa volontaria" (che produce sofferenza) genera rinascite negative. Il karma, dunque, vincola tutti gli esseri senzienti al ciclo del saṃsāra poiché tutto ciò che l'essere farà, si ripercuoterà in una qualche "condanna" nelle vite future. Quando si compie (o si desidera di compiere) un'azione non virtuosa, si depositano nella vita stessa dei "semi" o "residui" (sans. vāsanā) in seguito alla produzione di karma negativo. Quando si compie un'azione virtuosa invece, si produce karma positivo. Questi residui allungheranno la permanenza dell'esistenza nel samsāra. Esiste però un tipo di karma che non è né positivo né negativo, quello che porta alla "liberazione" (Vimukti) ed è indicato come aśukla avipāka karma karmaḳsayāya saṃvartate. Ogni manifestazione degli esseri senzienti possiede una certa quantità di "semi del karma" che, finché non saranno esauriti, li costringeranno a permanere nel ciclo del samsāra. Questi "semi" sono frutto di azioni compiute in innumerevoli vite precedenti. Essi non possono diminuire ma possono essere distrutti con il raggiungimento dell'"illuminazione" (Bodhi). Con l'estinzione del debito karmico, l'essere non sarà più vincolato al karma e quindi al samsāra e potrà raggiungere il Nirvana. Il significato e il ruolo attribuito alla dottrina del karma varia a seconda degli insegnamenti delle differenti scuole buddhiste. +=== La verità sulla sofferenza ===
  
-Nella vita degli esseri senzienti (sanscrito sattva, pāli satta, cin. 衆生 zhòngshēng, giapp. shūjō, tib. sems-can), tra cui l'essere umano, è insita la "sofferenza" (san. duḥkha, pāli dukkha, cin. 苦 kǔ, giapp. ku, tib. sdug-bsngal). Tale esperienza del dolore riguarda anche i momenti di "appagamento" e "serenità" in quanto essi stessi impermanenti. Nei testi canonici il Buddha Shakyamuni individua otto tipi di dolore:+Nella vita degli esseri senzienti (sanscrito sattva, cinese 衆生 zhòngshēng, giapponese. shūjō), tra cui l'essere umano, è insita la "sofferenza" (san. duḥkha, cin. 苦 kǔ, giapp. ku). Tale esperienza del dolore riguarda anche i momenti di "appagamento" e "serenità" in quanto essi stessi impermanenti. Nei testi canonici il Buddha Shakyamuni individua otto tipi di dolore:
   *Il dolore della nascita, causato dalle caratteristiche del parto e dal fatto di generare le sofferenze future.   *Il dolore della nascita, causato dalle caratteristiche del parto e dal fatto di generare le sofferenze future.
   *Il dolore della vecchiaia, che indica l'aspetto di degrado dell'impermanenza.   *Il dolore della vecchiaia, che indica l'aspetto di degrado dell'impermanenza.
Linea 331: Linea 390:
   *Il dolore causato dall'essere lontani da ciò che si "desidera".   *Il dolore causato dall'essere lontani da ciò che si "desidera".
   *Il dolore causato dal non "ottenere" ciò che si "desidera".   *Il dolore causato dal non "ottenere" ciò che si "desidera".
-  *Il dolore causato dai cinque skandha (o aggregati), ovvero dalla loro unione e dalla loro separazione. Questi sono: il corpo, (rūpa), quale manifestazione dei 4 elementi terra, aria, fuoco e acqua; le sensazioni (vedanā); le percezioni (saññā); le formazioni mentali (sankhāra); la coscienza (viññāna), ed essi sono la novità specifica del buddhismo all'interno del pensiero induista. +  *Il dolore causato dai cinque skandha (o aggregati), ovvero dalla loro unione e dalla loro separazione. Questi sono: il corpo, (rūpa), quale manifestazione dei 4 elementi terra, aria, fuoco e acqua; le sensazioni (vedanā); le percezioni (saññā); le formazioni mentali (sankhāra); la coscienza (viññāna), ed essi sono la novità specifica del buddhismo all'interno del pensiero induista, infatti non parla di anima.((p. 62))
  
-Questa lista di otto dolori viene riassunta in tre categorie (san. tri-duḥkhatā, pāli tidukkhatā, cin. 三苦 sānkǔ, giapp. sanku, tib. sdug bsngal gsum): +Questa lista di otto dolori viene riassunta in tre categorie (san. tri-duḥkhatā, cin. 三苦 sānkǔ, giapp. sanku): 
-  *Dolore in quanto tale (san. duḥkha duḥkhatā, pāli dukkha dukkhatā, cin. 苦苦 kǔkǔ, giapp. kuku, tib. sdug-bsngal-gyi sdug-bsngal). Questa categoria riassume i dolori inerenti alla nascita, alla malattia, alla vecchiaia e alla morte. Ma anche quelli riguardanti all'essere uniti a ciò che non si desidera e a quelli procurati nel cercare di fuggire lo stesso dolore. +  *Dolore in quanto tale (san. duḥkha duḥkhatā, cin. 苦苦 kǔkǔ, giapp. kuku). Questa categoria riassume i dolori inerenti alla nascita, alla malattia, alla vecchiaia e alla morte. Ma anche quelli riguardanti all'essere uniti a ciò che non si desidera e a quelli procurati nel cercare di fuggire lo stesso dolore. 
-  *Dolore per ciò che muta (san. vipariṇama duḥkhatā, pāli viparinama dukkhatā, cin. 壞苦 huài kǔ, giapp. e ku, tib. 'gyur-ba'i sdug-bsngal). In questa categoria vengono riassunte le sofferenze procurate dall'impermanenza come quelli dell'essere separati da ciò che si desidera o quelli generati da non ottenere ciò che si brama. +  *Dolore per ciò che muta (san. vipariṇama duḥkhatā, cin. 壞苦 huài kǔ, giapp. e ku). In questa categoria vengono riassunte le sofferenze procurate dall'impermanenza come quelli dell'essere separati da ciò che si desidera o quelli generati da non ottenere ciò che si brama. 
-  *Dolore generato dall'esistenza (san. saṃskāra duḥkhatā, pāli saṃkhāra dukkhatā, cin. 行苦 xíngkǔ, giapp. gyōku, tib. khyab-pa 'dubyed-ky sdug-bsngal). In questa categoria vengono elencati i dolori relativi all'insoddisfazione perenne procurata dall'esistenza nel saṃsāra: la frustrazione, l'inutilità di numerose nostre attività. Queste sofferenze sono collegate ai cinque skandha (o aggregati) e ai relativi attaccamenti.+  *Dolore generato dall'esistenza (san. saṃskāra duḥkhatā, cin. 行苦 xíngkǔ, giapp. gyōku). In questa categoria vengono elencati i dolori relativi all'insoddisfazione perenne procurata dall'esistenza nel saṃsāra: la frustrazione, l'inutilità di numerose nostre attività. Queste sofferenze sono collegate ai cinque skandha (o aggregati) e ai relativi attaccamenti.
  
 Il "dolore" affligge l'uomo a motivo dell'impermanenza sia propria che di tutto ciò che sperimenta e conosce in vita, per effetto della sua nascita immersa nel saṃsāra e per l'adesione alla credenza in un sé imperituro. Il "dolore" affligge l'uomo a motivo dell'impermanenza sia propria che di tutto ciò che sperimenta e conosce in vita, per effetto della sua nascita immersa nel saṃsāra e per l'adesione alla credenza in un sé imperituro.
 Questa sofferenza si rivela ed è percepita non solo quando si constata l'ineluttabilità di malattia, vecchiaia e morte, ma anche quando si è costretti al contatto con ciò che non si ama (contatti, connessioni, relazioni, interazioni con persone, cose od eventi sgradevoli ecc.), come pure è percepita quando si è costretti alla separazione da ciò che si ama o in cui ci si diletta, o ancora quando si risente di un disagio esistenziale derivante dallo scontrarsi con una realtà che non soddisfa la propria adesione all'idea di un sé solido, affidabile ed imperituro. La frustrazione dei desideri è una delle più usuali percezioni del "dolore". Questa sofferenza si rivela ed è percepita non solo quando si constata l'ineluttabilità di malattia, vecchiaia e morte, ma anche quando si è costretti al contatto con ciò che non si ama (contatti, connessioni, relazioni, interazioni con persone, cose od eventi sgradevoli ecc.), come pure è percepita quando si è costretti alla separazione da ciò che si ama o in cui ci si diletta, o ancora quando si risente di un disagio esistenziale derivante dallo scontrarsi con una realtà che non soddisfa la propria adesione all'idea di un sé solido, affidabile ed imperituro. La frustrazione dei desideri è una delle più usuali percezioni del "dolore".
-Più in generale, la constatazione che viene fatta nella "Prima nobile verità" è che esiste nella vita dell'uomo una "sofferenza" associata indistricatamente all'essere nel mondo un mutevole «composto di aggregati».  +Più in generale, la constatazione che viene fatta nella "Prima nobile verità" è che esiste nella vita dell'uomo una "sofferenza" associata indistricatamente all'essere nel mondo un mutevole «composto di aggregati».((p61)) 
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-Sento il prurito, allora mi gratto, nostro obiettivo è sentire il prurito non rispondere subito alla sensazione, ma riflettere sull'effetto e sul fatto che muta e dopo un po' passa. Questo esempio banale sta ad indicare che tutte le esperienze portano della sofferenza, noi reifichiamo le emozioni, ma esse non esistono in quanto tali, non esiste il dolore, la rabbia, la felicità in sè e per sè, ma sono stati transitori. Anche il corpo non esiste in sè per sè, ma solo quando lo percepiamo, siamo aggregati di elementi che esperiscono flussi di esperienza. Il flusso è tenuto insieme dal concatenarsi carmico che lega le esperienze e le vite successive e precedenti+
  
 Come era concepita la liberazione nel pensiero filosofico indiano?  Come era concepita la liberazione nel pensiero filosofico indiano? 
  
-l termine sanscrito di genere maschile mokṣa, così come il termine sanscrito femminile avente il medesimo significato mukti, indicano in questa lingua la "liberazione" dal ciclo di nascita-morte, dalla sofferente trasmigrazione, propria del saṃsāra. Ambedue i termini originano dal verbo sanscrito muc avente il significato di "liberarsi".+l termine sanscrito di genere maschile mokṣa, così come il termine sanscrito femminile avente il medesimo significato mukti, indicano in questa lingua la "liberazione" dal ciclo di nascita-morte, dalla sofferente trasmigrazione, propria del saṃsāra. Ambedue i termini originano dal verbo sanscrito muc avente il significato di "liberarsi". Come abbiamo visto, la nozione di "liberazione" dal saṃsāra non attiene al "vedismo", ovvero alla religione antica dell'India, compendiata nei suoi testi religiosi dei Veda e dei Brāhmaṇa, il quale persegue essenzialmente la bhukti, la felicità terrena, quanto piuttosto origina dai testi delle Upaniṣad (il termine qui usato è mukti; mentre nella Chāndogya Upaniṣad, VII, 26,2, è il composto vipramokṣa, dallo stesso significato) e si diffonde nel VI secolo a.C., contemporaneamente al buddhismo e al giainismo. Tale nozione di "liberazione", espressa con termini sempre derivanti dal verbo muc, verrà successivamente approfondita da importanti testi induisti quali la Bhagavadgītā e il Manusmṛti . 
 +In ambito delle filosofie yogiche il termine utilizzato per indicare la liberazione è invece apavarga nel significato di "abbandono", "fuga" dal saṃsāra. Mentre la filosofia sāṃkhya predilige il termine kaivalya col significato di isolamento del puruṣa liberatosi dalla prakṛti. Le tradizioni ascetiche predicano la liberazione in vita e non dopo la morte del corpo, nel qual caso tale raggiungimento viene indicato con il termine jīvanmukta ("liberato in vita"). A partire dai commentari del Brahmasūtra propri della medievale filosofia Vedānta, il termine più diffuso diviene mokṣa. Sono differenti le "vie" di "liberazione" dal saṃsāra che il complesso religioso che va sotto il nome di "Induismo" offre al suo praticante (ad esempio le darśana), e queste possono essere approfondite nelle voci delle relative scuole e insegnamenti. In generale attraverso la meditazione si arriva a progressivi stati di coscienza rarefatti, esperire "a togliere", ma non è una condizione permanente e sta lì il problema per il buddhismo.
  
-Come abbiamo visto, la nozione di "liberazione" dal saṃsāra non attiene al "vedismo", ovvero alla religione antica dell'India, compendiata nei suoi testi religiosi dei Veda e dei Brāhmaṇa, il quale persegue essenzialmente la bhukti, la felicità terrena, quanto piuttosto origina dai testi delle Upaniṣad (il termine qui usato è mukti; mentre nella Chāndogya Upaniṣad, VII, 26,2, è il composto vipramokṣa, dallo stesso significato) e si diffonde nel VI secolo a.C., contemporaneamente al buddhismo e al giainismo.+=== La verità del sorgere ===
  
-Tale nozione di "liberazione", espressa con termini sempre derivanti dal verbo mucverrà successivamente approfondita da importanti testi induisti quali la Bhagavadgītā e il Manusmti .+Come nasce questa sofferenza? 
 +La seconda verità è che il "dolorenon è colpa del mondoné del fato o di una divinità; né avviene per caso. Ha origine dentro di noidalla ricerca della felicità in ciò che è transitorio, spinti dalla sete, o brama (sanscrito tṛṣṇā, cin. 愛 ài, giapp. ai), per ciò che non è soddisfacente questo genera attaccamento. Si manifesta nelle tre forme di: 
 +  *kāmatṛṣṇā (cin. 欲愛 yùài, giapp. yoku ai) o "brama di oggetti sensuali" (piaceri in senso lato); 
 +  *bhavatṛṣṇā (cin. 有愛 yǒuài, giapp. u ai) o "brama di esistere" (di potenziare il proprio ego); 
 +  *vibhavatṣṇā (cin. 無有愛 wúyǒuài, giapp. mu u ai) o "brama di annullare l'esistenza" (di pensare di non avere nessun valore).
  
-In ambito delle filosofie yogiche il termine utilizzato per indicare la liberazione è invece apavarga nel significato di "abbandono""fuga" dal saṃsāra. Mentre la filosofia sāṃkhya predilige il termine kaivalya col significato di isolamento del puruṣa liberatosi dalla prakṛti.+Tutti i desideri sono sbagliati? no, il termine indica tutti quei desideri eccessivi o erroneamente indirizzati. Ovvero tutti quei desideri alimentati dall'odiodall'ignoranza e la cupidigia
  
-Le tradizioni ascetiche predicano la liberazione in vita e non dopo la morte del corpo, nel qual caso tale raggiungimento viene indicato con il termine jīvanmukta ("liberato in vita").+=== La verità della cessazione ===
  
-A partire dai commentari del Brahmasūtra propri della medievale filosofia Vedānta, il termine più diffuso diviene mokṣa.+La terza verità è che "Esiste l'emancipazione dal dolore". Per sperimentare l'emancipazione dal dolore, occorre lasciare andare tṛṣṇā, l'attaccamento alle cose e alle persone, alla scala di valori ingannevoli per cui ciò che è provvisorio è maggiormente desiderabile. Questo stato di cessazione viene denominato nirodha (cin. 滅 miè, giapp. metsu). 
 +Cosa viene "spento"? 
 +È forse la propria anima, il proprio ego, la propria identità? Non può essere l'anima essere spenta, perché il buddismo nega che esista. E non è nemmeno l'ego o il senso di identità a scomparire, anche se il nirvana implica uno stato di coscienza radicalmente trasformato e libero dall'ossessione di "io e mio". Ciò che si spegne, infatti, è il triplice fuoco della dell'avidità, dell'odio e dell'illusione che porta alla rinascita. Ricordiamo che abbiamo un nirvana nella vita e un nirvana finale con la morte (di cui è difficile dare una definizione).
  
-Sono differenti le "vie" di "liberazione" dal saṃsāra che il complesso religioso che va sotto il nome di "Induismo" offre al suo praticante (cfr. ad esempio le darśana), e queste possono essere approfondite nelle voci delle relative scuole e insegnamenti. In generale attraverso la meditazione si arriva a progressivi stati di coscienza rarefatti, esperire "a togliere", ma non è una condizione permanente e sta lì il problema del buddhismo. +=== La verità del sentiero ===
- +
-La seconda verità è che il "dolore" non è colpa del mondo, né del fato o di una divinità; né avviene per caso. Ha origine dentro di noi, dalla ricerca della felicità in ciò che è transitorio, spinti dalla sete, o brama (sanscrito tṛṣṇā, pāli taṇhā, cin. 愛 ài, giapp. ai, tib. sred pa), per ciò che non è soddisfacente e questo genera attaccamento. Si manifesta nelle tre forme di: +
- +
-  *kāmatṛṣṇā (pāli kāmataṇhā, cin. 欲愛 yùài, giapp. yoku ai, tib. 'dod pa la 'dun pa) o "brama di oggetti sensuali" (piaceri in senso lato); +
-  *bhavatṛṣṇā (pāli bhavataṇhā, cin. 有愛 yǒuài, giapp. u ai, tib. srid pa'i sred pa) o "brama di esistere" (di potenziare il proprio ego); +
-  *vibhavatṛṣṇā (pāli vibhavataṇhā, cin. 無有愛 wúyǒuài, giapp. mu u ai, tib. 'jig pa la sred pa) o "brama di annullare l'esistenza" (di pensare di non avere nessun valore). +
- +
-La terza verità è che "Esiste l'emancipazione dal dolore". Per sperimentare l'emancipazione dal dolore, occorre lasciare andare tṛṣṇā, l'attaccamento alle cose e alle persone, alla scala di valori ingannevoli per cui ciò che è provvisorio è maggiormente desiderabile. Questo stato di cessazione viene denominato nirodha (san. e pāli, cin. 滅 miè, giapp. metsu, tib. gog pa).+
  
 La quarta verità è che "Esiste un percorso di pratica da seguire per emanciparsi dal dolore". La quarta verità è che "Esiste un percorso di pratica da seguire per emanciparsi dal dolore".
-È il percorso spirituale da intraprendere per avvicinarsi al nirvāṇa (pāli nibbāna, cin. 涅槃 nièpán, giapp. nehan, tib. mya ngan las 'das pa). +È il percorso spirituale da intraprendere per avvicinarsi al nirvāṇa (cin. 涅槃 nièpán, giapp. nehan). Esso è detto il Nobile ottuplice sentiero ed è il modo migliore per vivere una vita appagante. Si compone di otto fattori suddivisi nelle tre categorie di Moralità, Meditazione e Saggezza, che vedremo un po' più nel dettglio.
-Esso è detto il Nobile ottuplice sentiero.  +
  
 Il "Discorso della messa in moto della ruota della Dottrina" individua tre fasi nella comprensione di ogni verità, per un totale di dodici passi. Le tre fasi per la comprensione di ciascuna verità sono: Il "Discorso della messa in moto della ruota della Dottrina" individua tre fasi nella comprensione di ogni verità, per un totale di dodici passi. Le tre fasi per la comprensione di ciascuna verità sono:
Linea 408: Linea 462:
   *retta concentrazione   *retta concentrazione
  
-Bisogna sviluppare gli Otto sentieri" con un approccio "olistico", perfezionandoli contemporaneamente e in modo equilibrato. Questo implica che non occorre predisporre un ordine sequenziale di questi sentieri ma, piuttosto, l'indicazione che il percorso buddhista tenda complessivamente a tutte le sfaccettature di una singola attività quotidiana, sia mentale che fisica, verbale o spirituale. Esso però può essere considerato secondo tre tipologie di perfezionamento denominate in sanscrito trīṇiśikṣaṇi o śikṣā-traya, (pāli tisikkhā, cin. 三學, sān xué, giapp. san gaku, tib. bslab pa gsum). Questo ordinamento prevede una "spirale" di perfezionamento. Ogni passo procede ad un elevamento verso quello successivo che poi spinge quello che lo precede. +Bisogna sviluppare gli Otto sentieri" con un approccio "olistico", perfezionandoli contemporaneamente e in modo equilibrato. Questo implica che non occorre predisporre un ordine sequenziale di questi sentieri ma, piuttosto, l'indicazione che il percorso buddhista tenda complessivamente a tutte le sfaccettature di una singola attività quotidiana, sia mentale che fisica, verbale o spirituale. Esso però può essere considerato secondo tre tipologie di perfezionamento denominate in sanscrito trīṇiśikṣaṇi o śikṣā-traya, cin. 三學, sān xué, giapp. san gaku). Questo ordinamento prevede una "spirale" di perfezionamento. Ogni passo procede ad un elevamento verso quello successivo che poi spinge quello che lo precede. 
-  *la "prima tipologia di perfezionamento" viene denominato in sanscrito adhiśīlam (cin. 戒學 jièxué, giapp. kaigaku) e riguarda la moralità (sanscrito śīla, pali sīla, cinese 戒 jiè, giapp. kai, tib. tsul-khrims):+  *la "prima tipologia di perfezionamento" viene denominato in sanscrito adhiśīlam (cin. 戒學 jièxué, giapp. kaigaku) e riguarda la moralità (sanscrito śīla, cinese 戒 jiè, giapp. kai):
     *Retta parola, cioè l'assunzione della personale responsabilità delle nostre parole, ponendo attenzione nella loro scelta e ponderandole in modo che esse non producano effetti nocivi sugli altri e di conseguenza a noi stessi; ciò significa anche che il nostro agire deve essere improntato al nostro parlare e corrispondere ad esso.     *Retta parola, cioè l'assunzione della personale responsabilità delle nostre parole, ponendo attenzione nella loro scelta e ponderandole in modo che esse non producano effetti nocivi sugli altri e di conseguenza a noi stessi; ciò significa anche che il nostro agire deve essere improntato al nostro parlare e corrispondere ad esso.
     *Retta azione, cioè l'azione non motivata dalla ricerca di egoistici vantaggi, svolta senza attaccamento verso i suoi frutti.     *Retta azione, cioè l'azione non motivata dalla ricerca di egoistici vantaggi, svolta senza attaccamento verso i suoi frutti.
-    *Retta sussistenza, cioè vivere in modo equilibrato evitando gli eccessi, procurandosi un sostentamento adeguato con mezzi che non possano arrecare danno o sofferenza agli altri. Questo comporta anche la corretta padronanza delle proprie intenzioni, in modo che esse siano sempre orientate e dirette lungo la linea mediana di condotta di vita (sanscrito madhyamāpratipad, pāli majjhimpaṭipāda, cinese 中道 zhōngdào, giapp. chūdō, tib. dbu 'i lam) lontana dagli estremi dell'ascetismo e dell'edonismo. +    *Retta sussistenza, cioè vivere in modo equilibrato evitando gli eccessi, procurandosi un sostentamento adeguato con mezzi che non possano arrecare danno o sofferenza agli altri. Questo comporta anche la corretta padronanza delle proprie intenzioni, in modo che esse siano sempre orientate e dirette lungo la linea mediana di condotta di vita (sanscrito madhyamāpratipad, cinese 中道 zhōngdào, giapp. chūdō) lontana dagli estremi dell'ascetismo e dell'edonismo. 
-  *la "seconda tipologia" viene denominata in sanscrito adhicittaṃśikṣā (pāli adhicitta-sikkhā, cinese 增上心學 zēngshàngxīn xué, giapp. zōjōshin gaku, tib. lhag pa'i sems gyi bslab pa) e riguarda la specificità della meditazione (sanscrito e pāli samādhi, cinese 定 dìng, giapp. jō, tib. ting nge 'dzin): +  *la "seconda tipologia" viene denominata in sanscrito adhicittaṃśikṣā (cinese 增上心學 zēngshàngxīn xué, giapp. zōjōshin gaku) e riguarda la specificità della meditazione (sanscrito samādhi, cinese 定 dìng, giapp. jō): 
-    *Retto sforzo, cioè lasciare andare gli stati non salutari e coltivare quelli salutari. Significa anche confidare nella bontà della propria pratica buddhista perseverando con un corretto ed equilibrato impegno nello sforzo, motivato dalla fede (sanscrito śraddhā, pāli saddhā, cinese 信 xìn, giapp. shin, tib. dad-pa) che al buddhista praticante proviene dai risultati ottenuti nell'avanzamento lungo il percorso della propria personale realizzazione spirituale e nell'avanzamento verso una sempre maggiore capacità di esercitare la "Corretta azione" nella propria pratica buddhista. +    *Retto sforzo, cioè lasciare andare gli stati non salutari e coltivare quelli salutari. Significa anche confidare nella bontà della propria pratica buddhista perseverando con un corretto ed equilibrato impegno nello sforzo, motivato dalla fede (sanscrito śraddhā, cinese 信 xìn, giapp.) che al buddhista praticante proviene dai risultati ottenuti nell'avanzamento lungo il percorso della propria personale realizzazione spirituale e nell'avanzamento verso una sempre maggiore capacità di esercitare la "Corretta azione" nella propria pratica buddhista. 
-    *Retta presenza mentale, cioè la capacità di mantenere la mente priva di confusione, non influenzata dalla brama e dall'attaccamento (sanscrito tṛṣṇā, pāli taṇhā, cinese 愛 ài, giapp. ai, tib. sred-pa). +    *Retta presenza mentale, cioè la capacità di mantenere la mente priva di confusione, non influenzata dalla brama e dall'attaccamento (sanscrito tṛṣṇā, cinese 愛 ài, giapp. ai). 
-    *Retta concentrazione, cioè la capacità di mantenere il corretto atteggiamento interiore che porta alla corretta padronanza di se stessi durante la pratica della meditazione (sanscrito dhyāna, pāli jhāna, cinese 禪那 chánnà, giapp. zenna, tib. bsam-gtan). +    *Retta concentrazione, cioè la capacità di mantenere il corretto atteggiamento interiore che porta alla corretta padronanza di se stessi durante la pratica della meditazione (sanscrito dhyāna, cinese 禪那 chánnà, giapp. zenna). 
-  *la "terza tipologia" viene denominata in sanscrito prajñā-śikṣā (pāli paññā-sikkhā, cinese 慧學 huìxué, giapp. egaku, tib. shes-rab-kyi bslab-pa) e riguarda la saggezza (sanscrito prajñā, pāli paññā, cin. 慧 huì, giapp. e, tib. shes-rab):+  *la "terza tipologia" viene denominata in sanscrito prajñā-śikṣā (cinese 慧學 huìxué, giapp. egaku) e riguarda la saggezza (sanscrito prajñā, cin. 慧 huì, giapp.):
     *Retta visione, cioè il riconoscimento delle "Quattro Nobili Verità" attraverso la loro corretta conoscenza e la conseguente loro corretta visione.     *Retta visione, cioè il riconoscimento delle "Quattro Nobili Verità" attraverso la loro corretta conoscenza e la conseguente loro corretta visione.
-    *Retta intenzione, cioè il corretto impegno sostenuto dalla "Retta visione" nel padroneggiare la tṛṣṇā (l'attaccamento al desiderio di vivere, alla brama ed all'avidità di esistere, di divenire o di liberarsi, al desiderio di affermare il proprio presunto «sé esistente») e dalla compassione (sanscrito e pāli karuṇā, cinese 慈悲 cíbēi, giapp. jihi, tib. snying-rie)[8] per tutti gli esseri.+    *Retta intenzione, cioè il corretto impegno sostenuto dalla "Retta visione" nel padroneggiare la tṛṣṇā (l'attaccamento al desiderio di vivere, alla brama ed all'avidità di esistere, di divenire o di liberarsi, al desiderio di affermare il proprio presunto «sé esistente») e dalla compassione (sanscrito karuṇā, cinese 慈悲 cíbēi, giapp. jihi) per tutti gli esseri.
  
 +È una ristrutturazione intellettuale, emotiva e morale. 
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 +===== Mahāyāna =====
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 +Non passò molto tempo prima che sorgessero dei disaccordi, inizialmente su questioni di pratica monastica e in seguito sulla dottrina e, in assenza di un'autorità centrale si svilupparono tradizioni differenti. Il disaccordo più grave
 +si verificò circa un secolo dopo la morte del Buddha tra un gruppo, in seguito designato come "Anziani" (Sthaviras), e un altro noto come "Assemblea Universale" (Mahāsaṅghikas).
 +
 +La causa più probabile dello scisma, non furono come sostengono alcuni, motivi dottrinali, ma sembra essere stato il tentativo da parte degli anziani di modificare la Regola monastica introducendo ulteriori regole di condotta. A tempo debito sia gli Anziani che l'Assemblea Universale si frammentarono in una serie di numerose sotto-scuole. Tutte queste si sono estinte nel frattempo, con l'eccezione del Theravāda, che discende dalla tradizione degli Anziani. Tuttavia, molte di queste prime scuole hanno lasciato un'eredità nel contributo a un nuovo movimento rivoluzionario che divenne
 +noto come Mahāyāna, "Grande Veicolo". Esso pone grande enfasi nella ricerca della salvezza per gli altri. Questo idea trova espressione nell'ideale del bodhisattva, una persona che fa voto di lavorare instancabilmente per innumerevoli vite per condurre gli altri al nirvana.((p.71))
 +È la compassione (karunā) che muove un bodhisattva, non è un redentore, ma è con l'esempio che aiuta le persone, una guida. Il Buddha storico invece inizia sempre ad allontanarsi sempre di più: un essere così compassionevole non può essersi ritirato dall'esistenza, ma continua ad aiutarci in un mondo trascedente.  Emerse una nuova buddhologia in cui si sosteneva l'esistenza di "tre corpi" (trikāya) o esistenti in tre dimensioni: terrestre, celeste e trascendente:
 +  *il corpo terrestre (nirmānakāya) era il corpo umano 
 +  *il corpo  celeste (sambhogakāya) si trovava in un regno di beatitudine situato da qualche parte "a monte" del mondo che abitiamo ora
 +  *il corpo trascendente (dharmakāya) era identico alla verità ultima, la Buddhità in quanto tale.
 +
 +Non era raro che i monaci ordinati nell'Assemblea Universale, o anche in rami della tradizione degli Anziani, avessero dei Mahāyāna pur vivendo in comunione con confratelli che non lo facevano.
 +Emergono dei nuovi sutra di riferimento, scritti anonimi e a più mani: il Sūtra del Loto (200 ca.), intraprende una drastica revisione della storia buddista delle origini. Sostengono, in sostanza, che, sebbene il Buddha storico fosse sembrato vivere e morire come un uomo comune, in realtà era illuminato da sempre e che aveva rivelato una verità parziale perchè più comprensibile, c'era bisogno di un secondo giro della ruota del Dharma. Ciò che i seguaci del Mahāyāna cercavano soprattutto attraverso la loro pratica religiosa era seguire il sentiero del bodhisattva. Lo stadio iniziale cruciale è l'insorgere di quello che è noto come "pensiero di illuminazione" o bodhicitta. Questo potrebbe essere
 +considerato un'esperienza di conversione. Fa un voto (pranidhāna) di salvare tutti gli esseri conducendoli al nirvana. Al centro della pratica di un bodhisattva ci sono sei virtù, note come le Sei Perfezionini:
 +  *Generosità
 +  *Moralità
 +  *Pazienza
 +  *Coraggio
 +  *Meditazione
 +  *Saggezza
 +
 +Egli progredisce attraverso uno schema di dieci stadi (bhūmi), ognuno dei quali è un importante punto di riferimento sulla via del nirvana. Si creò un vasto pantheon di Buddha e Bodhisattva e si inizò ad affermare che tutti i mondi avessero avuto dei Buddha, così emersero nomi fittizi e regni dei Buddha. Una "famiglia" di cinque Buddha, è spesso raffigurata in diagrammi mistici circolari noti come mandala.
 +Man mano che i nuovi sūtra si moltiplicavano, i maestri buddisti cominciarono a comporre commentari e trattati che esponevano le basi filosofiche del Mahāyāna. Il più famoso di questi filosofi fu Nāgārjuna, che visse intorno al 150, e fondò una scuola conosciuta come la Madhyamaka o "scuola di mezzo". Nella tradizione canonica i dharma erano considerati i mattoni di cui erano composti tutti i fenomeni. Erano concepiti come impermanenti, ma non per questo meno reali. Su questa base, oggetti come tavoli e sedie venivano analizzati come composti di elementi piuttosto che come entità con una natura propria e duratura. Una sedia, ad esempio, potrebbe essere vista come composta solo da gambe, sedile e schienale: non c'è una "sedia" al di là di queste parti. Nāgārjuna, invece, interpretò la dottrina dell'origine in solo impermanente, ma priva di qualsiasi realtà intrinseca. Egli riassumeva questo dicendo che tutti i fenomeni, tavoli, sedie, montagne, persone sono semplicemente vuoti di qualsiasi essere reale. Però non sostiene che le cose non esistano, ma semplicemente che non esistono come
 +realtà indipendenti nel modo in cui la gente normalmente crede.
 +Questa linea di pensiero aveva un'altra importante implicazione, ossia che non ci può essere differenza tra il nirvana e il regno della rinascita ciclica (samsāra). Se ogni cosa è priva di esistenza reale, tutto è sullo stesso piano e non possiamo fare distinzoni, la differenza non sta nelle cose, poichè esse sono tutte vuote, la differenza allora starà dentro di noi e la nostra percezione delle cose. Ne consegue che il nirvana è qui e ora, se solo potessimo vederlo. La rimozione dell'ignoranza spirituale (avidyā) e la realizzazione che le cose sono vuote distrugge la paura o il desiderio per esse. Questo complesso di idee fu chiamato "la dottrina della vuoto" (śūnyavāda). 
 +Oltre alla dottrina del vuoto, sono sorti molti altri sistemi filosofici complessi, come l'insegnamento della "sola mente" (cittamātra), una forma di idealismo che vede la coscienza come unica realtà e nega l'esistenza oggettiva agli oggetti materiali.
 +Nessuno dei primi insegnamenti del Buddha viene rifiutato dal Mahāyāna, anche se a volte vengono reinterpretati in modo radicale. Le aree in cui il Mahāyāna è stato più innovativo sono state la sua buddhologia rinnovata e nei culti devozionali che sorsero intorno ai vari Buddha e bodhisattva.
 ===== Storia del buddhismo in India ===== ===== Storia del buddhismo in India =====
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 +Buddha storico (V-IV sec. a.C.) – vita e magistero nell’area degli antichi regni del Magadha e Kosala. Nei secoli successivi alla morte del Buddha ha inizio la diffusione della comunità buddhista oltre i confini della regione originaria. Tracce di questa diffusione restano nella lingua del canone theravāda
 +(fissato a partire dal I sec. a.C.), che riflette l’esistenza di diversi dialetti e sottodialetti in uso all’epoca di Aśoka (dal confronto con i testi delle iscrizioni rinvenuti in diverse parti del territorio indiano), come pure delle porzioni di altre tradizioni canoniche che ci sono giunte (canone mahāsāṅghika, sarvāstivāda, dharmaguptaka). Questi indizi suggeriscono la dispersione geografica della comunità buddhista nel subcontinente e la necessità di tradurre l’insegnamento del Buddha nelle lingue parlate nell’aree di diffusione della comunità anche se non è possibile precisare né l’epoca né il rapporto tra lingua, scuola e area di diffusione. La diffusione del Buddismo ricevette un notevole impulso nel III secolo a.C.
 +quando  Ashoka Maurya divenne imperatore dell'India intorno al 268 a.C.. Dopo una sanguinosa campagna sulla costa orientale, nella regione dell'attuale Orissa, provò rimorso e si convertì al Buddismo. Per il resto del suo lungo regno governò secondo i principi buddisti. Il resoconto di queste prime missioni si trova nelle iscrizioni in pietra che Ashoka lasciò in tutto il suo regno. 
 +Vennero fondate grandi università, come quella di Nālandā, vicino al sito dell'odierna Patna, che fiorì tra il VII e il XII secolo.
 +Importanti centri di buddismo sorsero sia nel sud e sia nell'estremo nord-ovest.
 +Subì una battuta d'arresto intorno al 450, quando una tribù dell'Asia centrale conosciuta come gli Unni bianchi, distrusse il buddismo. Durante la seconda metà del millennio le fortune del buddismo furono alterne, e alla fine del X secolo il nord fu nuovamente attaccato. Questa volta gli invasori erano Turchi musulmani che razziarono in cerca di bottino monasteri e simili.
 +Nel 1192 una tribù turca stabilì il dominio sull'India settentrionale, la prima di una serie di dinastie musulmane note come Sultanato di Delhi. Nel XVI secolo, i Moghul inaugurarono un'era di relativa stabilità e tolleranza religiosa. 
 +La storia del buddismo nel resto dell'Asia può essere comodamente discussa in termini di nord e sud. In generale, la forma Mahāyāna del buddismo predomina nel nord e la tradizione degli anziani nel sud. Dal momento che solo una delle dodici scuole della tradizione degli Anziani sopravvive oggi, quella nota come Theravāda, d'ora in poi parlerò delle due principali forme di Buddhismo sopravvissute come Mahāyāna e Theravāda.
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 +===== Buddhismo in Sri Lanka =====
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 +Secondo le cronache buddiste ivi conservate, il buddismo fu portato a Ceylon nel 250 a.C. da un monaco di nome Mahinda, un inviato dell'imperatore Ashoka. Mahinda e i suoi compagni monaci
 +fondarono una comunità monastica presso il Mahāvihāra ("Grande Monastero") nella capitale Anurādhapura. Fu in Sri Lanka, intorno all'80 a.C. che il Canone Pali fu messo per la prima volta per iscritto. Uno dei monaci più importanti fu Buddhaghosa, arrivato nel V secolo d.C.. Buddhaghosa raccolse e curò i primi commenti al canone e li tradusse in Pali. L'opera classica di Buddhaghosa, il Visuddhimagga o "Sentiero della purificazione", un compendio di dottrina e pratica, è rimasta una pietra miliare della letteratura Theravāda.
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 +===== Buddhismo nel Sud-Est asiatico =====
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 +Altri importanti Paesi Theravāda nel Sud-est asiatico sono il Myanmar e la Thailandia.  Dal quinto al quindicesimo secolo, la potenza dominante nell'area era l'impero Khmer, in cui diverse forme di induismo e di Buddismo Mahāyāna erano popolari. Varie scuole di buddismo fiorirono fino a quando il re Anawrahta (1044-77) unificò il Paese conquistando la parte meridionale del Paese e diede la sua fedeltà al Theravāda, sebbene sia probabile che il Theravāda fosse dominante anche prima. Il theravāda si era da tempo insediato nel regno Mon di Haripuñjaya e il regno di Dvāravatı̄, e nell'XI secolo furono inviate missioni dal Myanmar nella regione. I Thai, che arrivarono nella regione
 +nel XIII secolo, dopo essere stati sfollati dalla Cina dai mongoli, trovarono la tradizione Theravāda più congeniale rispetto alle elaborate forme di buddismo Mahāyāna che avevano conosciuto nel nord. La storia del buddismo in Cambogia, Laos e Vietnam non è dissimile.
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 +===== Buddhismo in Cina =====
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 +Il buddismo si diffuse a nord dall'India all'Asia centrale e raggiunse la Cina verso la metà del I secolo. In questo periodo la successiva dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) aveva consolidato il potere cinese in Asia centrale, e i monaci buddisti viaggiavano con le carovane che percorrevano le vie della seta. Il confucianesimo dominante era in contrasto con certi pensieri del buddhismo come l'abbandono della famiglia e quindi le comunità buddhiste erano uno stato nello stato ed erano un problema di ordine politico-pubblico. I monaci si rifiutavano inoltre di inchinarsi davanti all'imperatore. D'altra parte, c'era molto del buddismo che attraeva i cinesi, in particolare domande legate alla morte e all'aldilà che il confucianesimo relegava in secondo piano. Il buddismo condivideva alcune somiglianze con un'altra filosofia cinese, il Taoismo, una forma di misticismo della natura e quindi poteva trovare terreno fertile. In alcune aree il buddismo e il taoismo si sovrapponevano, e la meditazione buddista sembrava orientata verso lo stesso obiettivo di quiete interiore e di "azione senza azione" (wu-wei) perseguito dal Taoismo. Una scuola di Buddismo cinese nota come Ch'an (l'antenato dello Zen giapponese), è nata da questa interazione. 
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 +===== Buddhismo in Giappone =====
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 +Il buddismo vi giunse nel VI secolo passando per la Corea, ma
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 +ma ha tratto gran parte della sua ispirazione dalla Cina continentale. Il periodo Heian (794-1185) ha visto lo sviluppo di scuole come l'eclettica Tendai e l'esoterica Shingon. Le scuole delle Terre Pure, forma distintiva del buddismo giapponese basata sulla devozione al Buddha Amida - iniziarono a svilupparsi in questo periodo e raggiunse il suo apogeo nel periodo Kamakura (1185-1333). Nichiren (1222-82) fondò un nuovo movimento religioso che faceva del Sūtra del Loto il centro della pratica cultuale. Invece di recitare il mantra Namu Amida Butsu o "Omaggio al Buddha Amida" per assicurarsi la rinascita nel paradiso di Amida, i seguaci di Nichiren recitavano il mantra Namu myōhō renge kyō che significa "Onore al Sūtra del Loto del Vero Dharma". Il buddismo giapponese ha un forte orientamento sociale ed enfatizza i valori della comunità e del gruppo. Oltre alle scuole della Terra Pura e di Nichiren, la terza scuola più importante del buddismo giapponese è lo Zen. La parola "Zen" deriva dal sanscrito dhyāna che significa "trance".
 +e la meditazione svolge un ruolo centrale e avviene in maniera intuitiva non in maniera logica (satori). Tra i due rami principali dello Zen, la scuola Sōtō ritiene che la meditazione calmante sia tutto ciò che è necessario, mentre lo Zen Rinzai utilizza altre tecniche come fulcro della meditazione. La più nota è l'uso di indovinelli insolubili, noti come kō-an.
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 +===== Buddhismo in Tibet =====
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 +Il buddismo è entrato in Tibet solo nell'ottavo secolo. La forma di buddismo che vi fiorì è conosciuta come Tantra, Vajrayāna ("Il veicolo della folgore") ), o per il frequente uso di formule e canti magici, Mantray ("Mantra") formule e canti magici, Mantrayāna.  Tantra fanno uso di mistici diagrammi (mandala) e formule magiche (mantra), e sono scritti in una misteriosa "lingua crepuscolare" (sandhyabhāsā) a cui solo gli iniziati hanno la chiave. L'iniziazione viene impartita da un guru (in tibetano: lama) che insegna il significato esoterico delle parole e dei simboli ai suoi studenti. I Tantra insegnano che qualsiasi cosa, anche il desiderio, può essere usata con profitto come mezzo per la liberazione. Le passioni vengono considerate non come malvagie, ma semplicemente come una potente forma di energia. Gran parte dell'arte e dell'iconografia tibetana ha un contenuto esplicitamente sessuale. La più influente scuola del buddismo tibetano fu il Gelug-pa fondato da Tsong-kha-pa nel
 +XIV secolo. Si attengono rigorosamente alla Regola monastica che, tra i molti altri requisiti, insiste sul celibato per i monaci. Una scuola, Nying-ma-pa ("gli Antichi"), tuttavia, ammette una forma di sacerdozio sposato. Esiste poi la carica di Dalai (Oceano di saggezza) Lama che avrebbe il ruolo di potere spirituale e di potere temporale. Il quattordicesimo Dalai Lama, Tenzin Gyatso, è stato costretto a fuggire dal Paese nel 1959 a causa dell'invasione cinese del 1950. Da allora risiede a Dharamsala, nel nord-ovest dell'India. 
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